San Giorgio, frazione del Comune di Crognaleto, sita a m.1140 s.l.m. prende il nome dalla pieve omonima menzionata per la prima volta nella Bolla di Papa Anastasio IV del 1153.
Il centro abitato è costituito da costruzioni che risalgono anche al XVI secolo,alcune con il monogramma di San Bernardino da Siena. E’ un borgo adagiato su un crinale montuoso, edificato in un punto panoramico privilegiato, luogo incantevole circondato dalla catena del Gran Sasso e dai Monti della Laga con vista sul mare Adriatico.
Lo sviluppo del paese ha seguito le linee della montagna, sviluppandosi di conseguenza su tre livelli: nel punto più alto domina la chiesa di San Giorgio, con copertura a capanna e facciata in pietra a coronamento orizzontale da cui si alza un campanile a vela che sorregge tre campane, la cui fondazione è antecedente al XVII secolo, con la sua imponente e maestosa facciata e con le sue campane istoriate; la campana centrale, sicuramente la più grande di tutto il comprensorio montano, i cui rintocchi possenti e solenni riescono a raggiungere anche luoghi molto lontani, ha una sua storia tutta particolare legata al Santo Patrono S. Giorgio.
Nelle vicinanze del paese si possono ammirare i maestosi ruderi del castello di Rocca Roseto, un tempo avamposto fortificato e luogo inaccessibile e pressoché inespugnabile. Sullo splendido pianoro di Rocca Roseto, la Pro-Loco di S. Giorgio organizza la Fiera della Pastorizia. La manifestazione si svolge nella prima settimana di luglio e coinvolge tutto il mondo pastorale della provincia.
San Giorgio è nota nell’area dei Monti della Laga anche per l’ara delle schiazze, dove la leggenda vuole che di notte danzino le fate.
A Rocca Roseto, antichissimo fortilizio-osservatorio militare, riutilizzato fino ad epoche recenti e molto ben conservato, sono legate numerose leggende di briganti, tesori, passaggi segreti. In effetti, sono molti gli avanzi monumentali ancora da esplorare.

La storia

La frazione di Crognaleto S. Giorgio, collocato sull’estrema propaggine orientale dell’altipiano di Roseto, prende il nome dalla pieve omonima menzionata per la prima volta nella Bolla di Papa Anastasio IV del 1153, ma di indubbia origine più antica.

Infatti il distretto ecclesiastico incentrato sulla pieve era definito, ancora nel XIV secolo, Plebanatus de Roseto ed è dunque con tale toponimo che possono essere individuate le prime tracce di occupazione del sito nelle fonti medievali. I fines de Roseto sono menzionati per la prima volta in una carta del 948 mentre il “fonte di Roseto” compare in un altro documento del 1022.[toggle title=”scopri di più”]

La pieve estendeva la sua giurisdizione alle chiese dei villaggi e dei territori di Roseto, Cesacastina, Valle Vaccaro e Casagreca, confinando a sud con le pievi di S. Maria di Poggio Umbricchio , S. Martino di Campanea ed il monastero di S. Silvestro “ de Aiello “. Della struttura originaria del luogo di culto non resta nulla ed anche i resti dell’abitato altomedievale vanno cercati al di sotto del villaggio attuale di S. Giorgio, che ha conservato lo schema tipico di un abitato aperto costituito da unità abitative distinte fra di esse. Il villaggio è collocato lungo l’itinerario antico che conduceva all’altipiano di Roseto. Durante l’invasione francese negli Abruzzi (1799 – 1815) S. Giorgio divenne quartier generale del prete brigante Don Donato De Donatis e della sua truppa, che la tenne fino a quando non conquistò la fortezza di Civitella.

A sud ovest di S. Giorgio, sotto il cimitero, era ubicato un insediamento altomedievale, Romaniano, menzionato nelle fonti del dei secoli XIII – XIV, ed in seguito abbandonato. Finì in rovina anche la sua parrocchiale, S. Angelo, mentre il territorio finì diviso fra S. Giorgio ed Aiello.[/toggle]

Curiosità e tradizioni

A San Giorgio a oltre mille metri di altitudine, c’è la misteriosa “ara delle schiazze” su cui si credeva danzassero, leggiadre, le fate.
Non lontano da questo luogo da favola, su di un crinale, dal tempio dedicato al santo che sconfisse il dragone del Male, fino a pochi anni fa, rimbombavano i rintocchi della campana fusa sul sagrato, a ricordare il miracolo dei muli che s’inchinarono al passaggio del condottiero armato da Dio.

Venano

Salendo per S. Giorgio, a circa 10 minuti dall’arrivo, su una estesa propaggine collinare che si estende verso il Vomano, sono i resti dell’abitato antico e dei successivi abitati altomedievale e medievale di Venano. Il toponimo Bonano o Venano compare per la prima volta in un documento del 1026, in cui si menziona la via de Bonano, e probabilmente è di origine antica.

L’abitato romano è collocato nella sella situata fra le case rurali e la rettifica della strada rurale che percorre il pianoro ha riportato alla luce un esteso livello antropico costituito da tegole e frammenti di vasellame. [toggle title=”scopri di più”]Il materiale recuperato sembra riferibile all’età imperiale (pareti di forme in ceramica comune), con presenza di grandi contenitori per lo stoccaggio di derrate alimentari.

I resti probabilmente sono riferibili ad un abitato ad economia mista, parte pastorale e parte agricola, come sembrano dimostrare, non solo la presenza dei dolii, ma anche il consolidato aspetto della collina, dove tutti i margini sono posti per destinare ad uso produttivo quanto più possibile del pianoro.

Poiché l’abitato di Venano venne abbandonato nei secoli centrali del medioevo per rimanere sede di poche abitazioni di pastori e contadini, è verosimile che la parte più consistente delle opere descritte possa riferirsi all’abitato romano.

La ecclesia S. Vitis de Bonano, è ancora menzionata nel 1324 fra le chiese dipendenti dalla pieve di S. Giorgio, ma l’abitato dovette andare in definitivo abbandono poco dopo tanto che, già nel 1465 è indicato come diruto ed abbandonato. L’abitato medievale era collocato nel punto dove sono ubicate le case rurali, e sono venuti alla luce, in tempi diversi, resti murari ad esso riferibili.

Poco ad ovest da Venano si conserva il toponimo Mastresca di probabile origine germanica.[/toggle]